giovedì 9 luglio 2009

Una politica globale di accesso al cibo

CARD. ANGELO BAGNASCO
L' attuale scenario internazionale, profondamente segnato dalla crisi finanziaria, esige un impegno politico ed economico da parte dei Paesi Membri del G8, affinché rispondano adeguatamente alle istanze delle popolazioni africane duramente colpite da guerre, inedia e pandemie. Da rilevare che lo spettro della cancellazione degli aiuti internazionali per l'Africa è una questione dalla forte valenza morale, nella consapevolezza che l'umanità ha un destino comune, come indicato a chiare lettere dalla Dottrina sociale della Chiesa. Onorare pertanto gli impegni già assunti in sede internazionale dai Grandi della Terra per ridurre la povertà globale e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, specialmente nei confronti dei Paesi Africani, significa salvaguardare il diritto alla vita e al benessere d'intere popolazioni. Si tratta di creare, attraverso l'ingegno e la buona volontà, quei meccanismi che consentano di passare dall'emergenza allo sviluppo, consentendo ai Paesi in via di sviluppo (Pvs) di diventare protagonisti della loro crescita, partecipando attivamente al rinnovamento delle riforme politiche, governative, economiche e sociali sul piano globale, in un mondo segnato da una crescente sperequazione tra ricchi e poveri.L'impegno profuso in questi anni dalla Chiesa Cattolica in Africa nell'annuncio e testimonianza del Vangelo, anche attraverso i numerosi missionari, missionarie, sacerdoti fidei donum e laici di nazionalità italiana, è un segno evidente di quella cooperazione tra le Chiese che dovrebbe ispirare le relazioni tra Nord e Sud del mondo, particolarmente tra Europa e Africa. D'altronde, il problema della povertà, che affligge vasti settori dei ceti meno abbienti in molte zone geografiche del continente africano, straordinariamente ricche di materie prime - particolarmente nella Regione dei Grandi Laghi, come anche nel Corno d'Africa dove la conflittualità è più evidente - esige una forte assunzione di responsabilità, sia da parte dei Paesi in via di sviluppo, sia da parte dei Paesi industrializzati. Lungi dal voler cadere nella trappola di valutazioni ideologiche, l'innegabile piaga della corruzione che attanaglia l'Africa, la lontananza dei mercati globali dai bisogni reali delle popolazioni, la debolezza contrattuale delle imprese autoctone, il potere indiscriminato delle compagnie straniere e degli intermediari, oltre all'assenza più generale di regole certe nel commercio, sono fenomeni che sortiscono un effetto devastante sulle popolazioni civili. Non siano allora i poveri a pagare per la crisi che sta colpendo il mondo, perché significherebbe far sprofondare l'Africa nell'abisso della miseria. Come affermato in questi giorni dai presidenti delle Conferenze Episcopali dei Paesi del G8, in un messaggio nel quale si raccomanda in modo particolare di mantenere gli impegni presi a favore dei Paesi in via di sviluppo, di proseguire nelle iniziative di peacekeeping e di non permettere ulteriori cambiamenti climatici, è evidente che i poveri vanno aiutati da tutti i punti di vista, scongiurando l'esodo forzato dalle periferie del mondo in cui essi spesso sopravvivono in condizioni subumane. A tale proposito sarebbe inoltre auspicabile che nel corso del vertice de L'Aquila, i G8 facessero il possibile per utilizzare almeno una parte dei 365 miliardi di euro destinati ogni anno a sovvenzionare l'agricoltura nei Paesi dell'Ocse, come incentivo ai contadini africani, intraprendendo finalmente una politica globale di accesso al cibo. "Ex Africa Semper Aliquid Novi" , scriveva Plinio il Vecchio, e noi siamo certi che l'Africa è ben disposta a voltare pagina con l'aiuto di tutti. Un desiderio ben visibile nei pronunciamenti dell'Episcopato africano che si riunirà il prossimo ottobre a Roma in un'assise sinodale voluta dal Santo Padre.
CARD. ANGELO BAGNASCO

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