giovedì 9 luglio 2009

La promessa fatta ai deboli è sacra

Esiste una parola per definire chi non mantiene una promessa sottoscritta? Un termine per bollare chi afferma, anzi promette, e poi non fa seguire all'impegno assunto la dovuta attuazione pratica, potrebbe essere "fedifrago". È un vocabolo poco usato che, però, esprime l'idea moralmente disonorevole del rompere la fiducia da parte di chi non tiene fede ad una promessa.Anche solo a livello puramente fonico, risulta difficile spostare questo aggettivo un po' forbito e un po' ridicolo da una persona ad una Istituzione, magari ad un Governo. Se urta l'orecchio affermare che un Governo Nazionale è fedifrago, la causa risiede forse nel fatto che si tratta di circostanza neppure ipotizzabile, per lo meno secondo la logica del valore della parola data. Se la parola d'onore vale come impegno inderogabile per una persona fisica, deve valere, a maggior ragione, per una Istituzione. O no? Eppure al tavolo aquilano dell'imminente G8, dove, tra le mille questioni si dovrà discutere anche degli aiuti all'Africa, si siederanno almeno due Governi chiaramente fedifraghi. Quello francese e, purtroppo, quello che presiederà i lavori, e cioè quello italiano.Al G8 di Gleneagles del 2005 i grandi della terra si erano impegnati a raddoppiare entro il 2010 gli aiuti all'Africa, per combattere la povertà e la fame e per sviluppare i sistemi sanitari, l'accesso all'acqua, l'agricoltura e l'istruzione per i bambini. Mancano all'appello più di 7 miliardi di dollari. E l'80% dei fondi mancanti sono imputabili ai tagli che Francia e Italia hanno apportato ai loro contributi per lo sviluppo dell'Africa.Si possono addurre tutte le giustificazioni possibili, dall'imprevedibile gravità della crisi economica agli ingenti impegni di spesa per la ricostruzione dell'Abruzzo. Ma "una promessa fatta ai poveri è sacra", come dice l'arcivescovo sudafricano e premio Nobel Desmond Tutu. Il quale aggiunge: "Quando vengono fatti tutti gli sforzi per rispettare quei patti, si tratta di un atto di grazia e di grande leadership. Per questo quei paesi del G8 che guidano gli sforzi per i poveri meritano il plauso. Mi rattrista e mi fa arrabbiare il fatto che grandi nazioni come Italia e Francia vadano nella direzione opposta".Ma i semplici travasi di denaro da un Governo all'altro, una volta arrivati, rischiano di percorrere rivoli non sempre chiari e trasparenti. E allora prima degli impegni economici degli Stati, e forse più dei progetti internazionali, conta la vicinanza solidale di chi opera non per l'Africa, ma per gli Africani. E in questo campo potremmo a buon diritto conservare almeno l'italico orgoglio di non essere secondi a nessuno. E non parlo solo dei missionari. Penso a uomini e donne meravigliosi che trasferiscono per anni la loro dedizione in terre dimenticate e in mezzo a gente bisognosa di tutto e, per questo, riconoscente per ogni attimo di attenzione gratuitamente dedicato.Saranno i potenti del G8 a dettagliare le forme per garantire impegni economicamente certi e per esigere dai Governi locali una verifica dei modi in cui vengono utilizzati. A questo riguardo, sarà auspicabile che anche dalle classi dirigenti africane si esiga maggiore capacità amministrativa, sgomberando il campo da tutte le inefficienze e le corruzioni tipiche di regimi non sempre pienamente democratici. Ma questi sono impegni che competono ai politici. Agli Africani, però, non deve mancare la presenza di persone che prendono a cuore la loro difficile realtà e la condividono, portandovi dall'interno un contenuto di speranza attiva che mette in moto un cambiamento che parte dal piccolo. E per noi, che stiamo seduti sulla parte grassa del mappamondo, vale sempre, senza falsi alibi, il principio che per cambiare l'Africa, che ci sembra così lontana, deve cambiare qualche espressione della nostra vita. "Sii tu stesso il cambiamento che vuoi che accada nel mondo" (Gandhi).
MINA

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